Fotovoltaico flottante: sull’acqua nuovi spazi per il solare

17 Maggio 2021

 

Con la denominazione “fotovoltaico flottante” si indicano quegli impianti di generazione di energia da fonte solare realizzati su specchi d’acqua anziché sulla terraferma, tramite strutture galleggianti. Si tratta di un segmento in rapida crescita: l’estate scorsa, in cui sono state elaborate le stime più recenti, erano già in attività 350 impianti di questo tipo in 35 paesi del mondo, inclusa l’Italia, per una capacità complessiva di 2,6 GW. Sono però oltre sessanta le nazioni in totale in cui si stanno sviluppando impianti di questa tipologia, e il tasso di crescita del mercato è previsto al 20% per i prossimi cinque anni.

La popolarità del fotovoltaico flottante è dovuta a molteplici fattori, in primo luogo tecnici: l’acqua funge da agente refrigerante per i moduli, abbassandone la temperatura e migliorandone la produttività e la tenuta. Un recente articolo pubblicato da ricercatori norvegesi ha stimato un aumento media della resa dei pannelli in acqua tra il 5% e il 7%.

La copertura fornita dai moduli a sua volta riduce la temperatura dell’acqua sottostante, con benefici in termini di conservazione dell’acqua e della sua qualità. Una ricerca congiunta delle università di Lancaster e Stirling, pubblicata a marzo 2021, ha rivelato che “se in scala sufficiente (l’ombra generata dai moduli) può aiutare a mitigare gli effetti nocivi causati dal riscaldamento globale, come l’infestazione di alghe tossiche e l’evaporazione accelerata dell’acqua, che minaccia la disponibilità delle risorse idriche in certe regioni”.

Gli impianti galleggianti consentono poi di evitare il consumo di suolo sulla terraferma, utilizzando superfici acquatiche che invece non avrebbero avuto altri utilizzi. Infine, se i moduli sono collocati nei bacini artificiali prospicienti a centrali idroelettriche, è possibile per gli operatori sfruttare la sinergia tra le due fonti di generazione.

Il fotovoltaico flottante è realizzato solitamente su specchi d’acqua chiusi, dove le acque sono calme e il rischio che le onde e le correnti possano danneggiare o disperdere i moduli è molto basso. Il progresso tecnologico tuttavia negli ultimi anni ha portato allo sviluppo di un numero crescente di soluzioni per realizzare gli impianti anche in mare aperto: sono già stati completati diversi progetti pilota, tra cui uno da 5 MW nelle acque territoriali di Singapore, avviato lo scorso aprile.

Lo stesso orientamento alla minimizzazione dell’impatto ambientale è un elemento determinante dell’approccio di Chiron Energy, produttore indipendente di energia rinnovabile che guarda con favore a tutte le soluzioni che possano consentire un minor consumo di suolo vergine, anche sulla terraferma tramite la riqualificazione di aree degradate, quali aree industriale dismesse o cave e discariche interrate. Un esempio rivelatore è l’impianto in fase di realizzazione a  San Martino di Venezze, in provincia di Rovigo, dove un sito di sviluppo industriale mai completato e a lungo abbandonato dove, all’ombra dei pannelli, tornerà a crescere l’erba.

 

 

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