Le sfide per la crescita del fotovoltaico italiano: intervista ad Andrea Zaghi (DG Elettricità Futura)
23 Giugno 2021
Andrea Zaghi, Direttore Generale di Elettricità Futura, racconta a Energy Stories quali sono gli ostacoli sul cammino del fotovoltaico italiano lungo la transizione energetica e quali possono essere le soluzioni, anche alla luce dei recenti provvedimenti legislativi.
Direttore, le nuove installazioni di fotovoltaico stanno procedendo troppo lentamente per il raggiungimento dei target previsti dal PNIEC. Quali provvedimenti sarebbero necessari affinché la crescita proceda al ritmo giusto?
Il ritmo di crescita è circa un decimo di quello che servirebbe: dobbiamo raggiungere 125 GW di potenza rinnovabile entro il 2030 e ad oggi siamo a 55 GW. I 70 GW mancanti dovrebbero quindi essere installati a una velocità di 7 o 8 GW all’anno, ma nel 2020 e negli anni precedenti non si sono superati gli 0,8-1 GW annui. Occorre sicuramente un cambio di passo deciso e significativo, altrimenti raggiungeremo il target Green Deal 2030 (riduzione del 55% delle emissioni di CO2 rispetto al 1990) nel 2090 anziché nel 2030.
La possibilità di partecipare alle aste FER del GSE anche per gli impianti fotovoltaici su area agricola costituirebbe un valido aiuto per rendere più facilmente bancabili progetti anche di operatori di media portata che attualmente operano in modalità puramente merchant, e quindi con un rischio più elevato.
Bisogna poi fare in modo che le procedure autorizzative facciano il loro corso in modo spedito, come dovrebbe essere sulla carta, dove i tempi di autorizzazione di un singolo impianto sono già in linea con le direttive europee. Un altro ostacolo è legato al mancato impegno da parte dei territori: il burden sharing concordato circa dieci anni fa è stato in parte disatteso.
Per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 quindi tutte le istituzioni, centrali e territoriali, devono essere coinvolte maggiormente e devono avere bene in mente che si tratta di un obiettivo il cui mancato raggiungimento provocherebbe conseguenze negative sia politiche a livello europeo sia, e soprattutto, ambientali, economiche e occupazionali per l’Italia.
Data l’imprescindibilità dei consumi elettrici per il nostro stile di vita, è necessario trovare un contemperamento tra i diversi interessi: la prosecuzione dei vecchi modelli sine die avrebbe risvolti sull’ambiente che non possono più essere ignorati e il riscaldamento climatico è un’evidenza sotto gli occhi di tutti.
In Chiron Energy siamo consapevoli del fatto che la crescita delle rinnovabili, a livello locale, può talvolta scontrarsi con la cosiddetta mentalità “nimby”, in particolare riguardo al consumo di suolo. Come valutate questo fenomeno?
Gli impianti rinnovabili devono essere realizzati dove le fonti sono più disponibili: è impensabile, ad esempio, costruire pale eoliche laddove non soffia vento o impianti fotovoltaici dove l’irraggiamento è più basso solo perché dove invece la presenza è maggiore ci sono contrarietà ideologiche all’installazione.
La mentalità “nimby” è un fenomeno con cui i nostri operatori si trovano a confrontarsi ormai da diversi anni. Sono prese di posizione solitamente legate a un timore e a una mancanza di conoscenza riguardo agli impianti. Da questo punto di vista, oltre a responsabilizzare l’opinione pubblica sulla necessità della transizione energetica serve anche un dibattito trasparente ex ante sulle opportunità offerte dalla presenza dell’impianto per portare a un’accettabilità dello stesso da parte del territorio.
È inoltre necessaria una valutazione complessiva che assieme ai costi, metta anche in evidenza i tanti benefici forniti al territorio dagli operatori attraverso i progetti, a partire dalle opere di compensazione e dai contributi compensativi. Ad esempio, per il settore elettrico raggiungere il Green Deal significa risparmiare almeno 50 milioni di tonnellate di CO2, produrre 90.000 nuovi posti di lavoro e 100 miliardi di euro di investimenti.
È compito nostro come associazione, e degli operatori, comunicare il più possibile, affinché ogni singolo progetto possa essere condiviso e comunicato step by step con tutti gli stakeholder del territorio, quindi sia le istituzioni sia le associazioni civili interessate alle opere.
Riguardo al fotovoltaico, qual è il ruolo che devono svolgere gli impianti di taglia industriale per il raggiungimento degli obiettivi di generazione e quale complementarità è possibile col fotovoltaico domestico?
Dei 70 GW di nuove installazioni rinnovabili che andrebbero realizzati al 2030, 50 GW saranno da fonte solare fotovoltaica e 5 GW, come previsto dal PNRR, da modalità innovative di fotovoltaico, tra cui l’agrivoltaico e il fotovoltaico galleggiante.
Dei 50 GW fotovoltaici tradizionali, almeno 15 GW saranno da generazione distribuita, quindi fondamentalmente da impianti su tetto, e 35 GW dalla tipologia utility-scale. In termini di superficie, questi ultimi richiederebbero 50.000 ettari di superficie. Concordiamo con chi sostiene che dovrebbero essere utilizzate in via prioritaria superfici commerciali o industriali, ma purtroppo non basterebbe. Occorrerà coinvolgere anche una porzione, risibile, della superficie agricola. nazionale. Teniamo presente che quest’ultima ammonta a 16-17 milioni di ettari, di cui oltre 3 milioni, pur essendo accatastati come agricoli, non sono utilizzati dagli agricoltori perché non redditizie. Ma potrebbero essere utilizzate proficuamente per la generazione di energia verde. L’installazione di impianti fotovoltaici utili per raggiungere l’obiettivo al 2030, nel caso di scuola che avvenisse per intero sui terreni agricoli, avrebbe infatti infatti un impatto minimo: l’1,4% dei terreni non utilizzati e lo 0,3% del totale.
Come giudicate le novità legislative per le rinnovabili che sono state introdotte col PNRR prima e il Decreto Semplificazioni bis poi, e quali effetti potranno avere secondo voi?
Il Pnrr va a introdurre sostegni per determinate fattispecie di interventi, ma non per il mass market. Lo vediamo quindi positivamente anche se interesserà nicchie circoscritte.
Riguardo al Dl Semplificazioni Bis, come associazione riteniamo si sarebbe potuto fare di più, ci sono diversi spunti positivi ma non possiede le caratteristiche per diventare il decreto “sblocca-autorizzazioni” che speravamo potesse essere. Vediamo con favore la possibilità di avere una VIA velocizzata e l’introduzione di poteri sostitutivi, laddove ci sia inerzia da parte della Pubblica Amministrazione. Però rimangono tante criticità: ad esempio la previsione di strumenti di sostegno per l’agrivoltaico così come è formulata rischia di essere inefficace e inefficiente.
Mancano poi la possibilità di partecipazione alle aste GSE per il fotovoltaico su superficie agricola e, in termini di repowering degli impianti esistenti, delle chiare procedure di semplificazione, in particolare per il fotovoltaico. Come associazione proponiamo a tal proposito che si possa aumentare con la sola PAS (procedura abilitativa semplificata) la potenza dell’impianto pre-esistente a parità di superficie occupata.
C’è poi il nuovo PNIEC, che dovrà essere aggiornato nei prossimi mesi, con nuovi target. Dovrà sicuramente avere delle indicazioni sulla distribuzione territoriale degli impianti: già Terna ha pubblicamente dichiarato come ci siano tantissimi GW installati o in fase di sviluppo quasi solo nel Centro-Sud. La concentrazione eccessiva delle installazioni potrebbe portare le Regioni interessate a irrigidire ulteriormente la loro posizione. Occorre sicuramente un burden sharing, e il PNIEC potrebbe essere la sede per definirlo in modo cogente e stringente.