Ridare energia al territorio: la riqualificazione fotovoltaica
30 Aprile 2021
La decarbonizzazione dell’energia è un’esigenza sempre più stringente per contrastare l’emergenza climatica. Le strategie messe in atto dagli esecutivi nazionali e dalle organizzazioni internazionali per tutelare l’ambiente prevedono dunque una rapida crescita della generazione di elettricità da fonti rinnovabili e sostenibili. In Italia, il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima 2030 (PNIEC 2030), promulgato dal governo nel 2020, ha posto obiettivi molto ambiziosi in tal senso, in particolare per il fotovoltaico. La capacità di generazione di energia solare da raggiungere è stata fissata a 52GW nel 2030, con un target intermedio di 28,5GW nel 2025.
Per vincere questa sfida un ruolo centrale è rivestito dagli impianti fotovoltaici a terra, il cui numero dovrà dunque aumentare sensibilmente e di conseguenza la superficie occupata. Il PNIEC 2030 suggerisce però per quanto possibile di privilegiare soluzioni che limitino il consumo di suolo. La strategia di sviluppo di Chiron Energy si colloca in linea con queste indicazioni: l’individuazione delle aree dei nuovi impianti viene eseguita secondo criteri di responsabilità ambientale e di riutilizzo del suolo, andando a costruire su aree già antropizzate. Prediligiamo siti già antropizzati e compromessi in aree periferiche, senza quindi andare a incidere né nei quartieri centrali più densamente abitati né in aperta campagna, rigenerando le aree in stato di degrado, come zone industriali dismesse o abbandonate e discariche o cave ripristinate con una copertura di terreno. “Questo sta avvenendo anche per il nostro nuovo impianto, che sorgerà a San Martino di Venezze, in provincia di Rovigo” spiega l’ingegner Massimo Gaggiotti, Head of Permitting and Regulatory Compliance di Chiron Energy.
L’area su cui saranno installati i pannelli fotovoltaici e le altre componenti era infatti parte di un’area industriale, ma in ragione delle condizioni macroeconomiche e di mercato è stata solo parzialmente sviluppata. Il terreno era però già stato parzialmente urbanizzato con scavi, tubazioni, tombini e marciapiedi, rendendo quindi non più praticabile l’utilizzo agricolo. Quindici anni di abbandono hanno inoltre generato problematiche di decoro urbano e di sicurezza, a causa dei furti di materiale, degli episodi di vandalismo e dell’uso come discarica abusiva. “Individuata l’area, abbiamo aperto un confronto col Comune, per verificare che non fossero già previsti progetti pubblici o privati per riqualificare l’area” specifica Gaggiotti. Si è sviluppato un dialogo leale e costruttivo da cui sono emersi i vantaggi che l'impianto o impianto avrebbe portato alla cittadinanza e all’amministrazione in termini di riqualificazione, in aggiunta a quelli derivanti dalla generazione di energia verde.
La società ha quindi dato inizio all’iter autorizzativo, che ha richiesto la produzione di tutta la documentazione necessaria, dalle tavole progettuali alla relazione ambientale, e la consultazione tra l’ente autorizzativo, in questo caso la Regione Veneto, e tutti i soggetti amministrativi coinvolti, dal Comune stesso all’ ARPAV al Consorzio di Bonifica. “Parallelamente, sempre nello spirito di collaborazione tra privato e pubblico abbiamo individuato col Comune un’opera utile che avremmo potuto realizzare come ringraziamento alla cittadina per l’ospitalità, e tenuto una conferenza aperta nella quale abbiamo risposto alle domande e chiarito i dubbi dei cittadini” continua Gaggiotti.
Il prossimo step fondamentale, una volta concluso il percorso autorizzativo, saranno i lavori di costruzione dell’impianto, della durata prevista in alcuni mesi. Una volta pronto, l’impianto di San Martino di Venezze avrà una capacità installata di 14,8 MW, sufficienti a soddisfare il fabbisogno annuale di energia di quasi 5.500 famiglie[1]. I lavori e la successiva manutenzione saranno affidati, per quanto possibile, a ditte locali, così da favorire l’economia locale e ridurre l’impatto ambientale legato ai trasporti.
L’impianto inoltre apporterà ulteriori benefici per l’ambiente circostante, oltre alla produzione di energia sostenibile: il terreno sarà infatti inerbito, col ripristino della copertura vegetale, e piante della flora locale saranno adoperate per creare le siepi perimetrali. “Grazie alle apposite recinzioni rialzate, la fauna di piccola taglia potrà inoltre muoversi liberamente e trovare rifugio tra i pannelli, come dimostrato anche da uno studio effettuato dall’associazione tedesca Neue Energiewirtschaft (BNE) che ha rilevato l’effetto positivo sulla biodiversità degli impianti fotovoltaici sul territorio circostante” aggiunge Gaggiotti. Il manto erboso viene inoltre curato senza l’uso di pesticidi o oltre sostanze nocive, in linea con le best practice del settore.
La vita media di un modulo fotovoltaico oggi raggiunge i trenta anni: quando avrà raggiunto l’obsolescenza, potrà essere sostituito, proprio come si cambia uno pneumatico a un’automobile. E se nel frattempo il progresso tecnologico dovesse aver fatto emergere fonti ancora più efficienti e pulite di energia, l’impianto potrà essere semplicemente smontato. Si tratta infatti di un’opera completamente reversibile: qualora il fotovoltaico cedesse il passo, potrà di nuovo servire il territorio sia come terreno agricolo sia come area industriale.
[1] Sulla base del consumo medio annuale di 2.700 kWh stimato da ARERA.